Gabriele d'Annunzio.                D'ANNUNZIO  FOTO

 

Nel cielo di Vienna

 

9 agosto 1918

 

Il volo su Vienna ha una risonanza mondiale e persino il nemico gli rende onore: c’è in Austria un eroe così coraggioso? Nell’ "Illustrazione Italiana", che dedica un intero numero all’impresa, pubblicizzandola con immagini, si commenta l’avvenimento salutando già la vittoria della guerra. D’Annunzio progetta subito nuovi raid per raggiungere Budapest o Berlino e perciò Albertini gli chiederà invano per il "Corriere" la narrazione dell’impresa che è stata fotografata e filmata: Certo, io debbo raccontare i miei giorni. Ma li racconterò in una maniera intima, con la mia visione particolare. Ne farò un libretto […]. Ho disegnato un nuovo volo su Budapest. Per la propaganda sarebbe efficacissimo. Ma incontro resistenze. Noi, quando siamo riusciti a fare una cosa, ci riposiamo per un paio d’anni. Pensa all’efficacia immediata d’un nuovo colpo. Si tratta di un centinaio di chilometri in più. (19 agosto) Un gruppo di fuorusciti istriani offre a d’Annunzio un velivolo intitolato alla memoria di Nazario Sauro. E’ prevista al riguardo una solenne cerimonia a Roma, in Campidoglio. L’accettazione del dono si accompagna però al rifiuto di recarsi nella Capitale: "Molti argomenti, e gravi, militano in favore della mia rinunzia. Ma il primo di tutti è il mio dovere di non tralasciare il mio servizio. Andando a Vienna, ahimè, ho traversato le linee e son passato sopra le terre invase, col cuore in travaglio". Con Natale Palli D’Annunzio è poi a Parigi,

 

 

il 26 settembre, per incitare i soldati italiani che combattono agli ordini del generale Albricci. Ma la guerra, che ancora uccide i suoi compagni più cari (il 5 ottobre muore in un incidente aereo il pilota Gino Allegri) si avvia alla fine con la grande offensiva lanciata in ottobre dal generale Diaz, che si conclude con la battaglia di Vittorio Veneto. D’Annunzio conduce la sua squadriglia "fino a tre volte sul nemico" restando "miracolosamente incolume" dice "nella distruzione intera del mio apparecchio carico di bombe", e in quei giorni compone rapidamente La preghiera di Sernaglia che esce nel "Corriere della Sera" del 24 ottobre, anniversario di Caporetto, con il titolo Vittoria nostra, non sarai mutilata. Proprio il messaggio che viene lanciato su Trieste il 1° novembre: "Tieniti all’erta, Trieste. Tieni anche a mente una parola coraggiosa che fu detta ieri e vale per domani: Vittoria nostra non sarai mutilata". Viva in te, e per tutto l’Adriatico sino a Valona, viva la compiuta Italia!" E’ già prefigurata l’avventura fiumana con la quale il poeta-soldato vorrà continuare a combattere. Per le ultime imprese viene promosso a tenente colonnello e decorato con la medaglia d’oro che il Duca d’Aosta gli appunterà sul petto proprio nel sagrato triestino di San Giusto il 10 aprile 1919, con la motivazione: Volontario e mutilato di guerra, durante tre anni di aspra lotta, con fede animatrice, con instancabile opera, partecipando ad audacissime imprese in terra, sul mare, nel cielo, l’alto intelletto e la tenace volontà dei propositi, in armonia di pensiero e d’azione, interamente dedicò ai sacri ideali della Patria, nella pura dignità del dovere e del sacrificio – Zona di guerra, maggio 1915-novembre 1918.



IL PALADINO DELLA MODERNITA’



Protagonista delle grandi innovazioni del Novecento, interprete dei nuovi bisogni della società di massa, all’inizio del secolo Gabriele d’Annunzio esalta la profonda alleanza della macchina con l’uomo. Liberandoci dalla schiavitù della fatica, la macchina realizza i sogni che il mondo antico aveva espresso attraverso il mito: Icaro, Promèteo, Ermete, il Centauro… Le conquiste che mutano la percezione del tempo e dello spazio, il nostro modo di sentire e di esprimere le emozioni, rappresentano per d’Annunzio l’aurora di un nuovo Rinascimento erede delle generose speranze degli Antichi. Chi raccoglierà l’ala icaria? – Chi con più forte – lega saprà rigiugnere le penne – sparse per ritentare il folle volo? Nel 1903, l’anno in cui i fratelli statunitensi Orville e Wlburg Wright, per la prima volta nella storia dell’umanità, riescono a sollevarsi dal suolo con un mezzo più pesante dell’aria, il poeta canta l’impresa di Icaro: Subitamente vidi – ignuda l’ombra d’Icaro apparire. – Quasi il color marino aveano assunto – le sue membra, ma gli occhi eran solari.



IL PIONIERE DEL VOLO



D’Annunzio non si limita a cantare il mondo, ma il mondo intende cambiarlo. Anticipando Marinetti e i Futuristi, esalta le innovazioni della meccanica e della tecnica che subito sperimenta al volante dell’automobile. Come la rapidità è la vittoria sul triste peso dell’uomo, così il volo aereo ricongiunge la specie umana con il cielo, simbolo sacro e religioso delle eterne ragioni dello spirito. Nel 1909 d’Annunzio è tra i primi, in Italia e nel mondo, a librarsi nell’alto per comunicare a tutti l’ emozione del decollo: "Il momento in cui si lascia la terra è di una dolcezza infinita…è una nuova ebbrezza, un nuovo bisogno". E dialoga non solo con i grandi assi del volo, dai Wright a Calderara, da Curtiss a Blériot, ma interroga anche le maestranze all’opera nella costruzione dell’aeroplano che battezza velivolo. Raccoglie così materia utile a una serie di conferenze, itineranti in diverse città italiane, sul Dominio dei cieli. La sua viva voce promuove e diffonde la straordinaria prospettiva che il volo dischiude per tutti.


 

Il Vate a Gioia del Colle

 


IL CONIO DEL TERMINE "VELIVOLO"



Nel romanzo Forse che sì, forse che no, composto nel 1909, D’Annunzio inventa una nuova parola per designare le "macchine volanti" che cambieranno profondamente il nostro modo di vivere: v’è un vocabolo di aurea latinità – velivolus, velivolo – consacrato da Ovidio, da Vergilio, registrato anche nel nostro dizionario il quale ne spiega così la significazione: "che va e par volare con le vele". La parola è leggera, fluida, rapida; non imbroglia la lingua e non allega i denti; di facile pronunzia, avendo una certa somiglianza fònica col comune veicolo, può essere adottata dai colti e dagli incolti. Pur essendo classica, esprime con mirabile proprietà l’essenza e il movimento del congegno novissimo.



I GRANDI VOLI DI D’ANNUNZIO



Dopo aver promosso, nel maggio 1915, la campagna per l’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale, d’Annunzio si arruola come volontario. La nascente aviazione avrà nel poeta-soldato un infaticabile sostenitore e insieme uno stratega dei raid che condurranno alla vittoria. Alla logorante immobilità delle trincee, dove il baluardo difensivo è il muro dei cadaveri che si accumulano nel fango, fa riscontro una guerra non terrestre ma celeste, rapida e creativa. Come nei miti antichi o nelle giostre dei cavalieri medievali, il cielo è il campo di libere prove ardimentose. Nominato dal generale Luigi Cadorna "ufficiale osservatore dell’aeroplano", d’Annunzio progetta e realizza i voli su Pola (8-9 agosto 1917) e Càttaro (4-5 ottobre 1917). Sarà d’Annunzio, al comando della squadriglia "San Marco", a varcare le Alpi per annunciare la vittoria italiana nel cielo di Vienna il 9 agosto 1918.



IL VATE MONOCOLO



Il 16 gennaio 1916, per un brusco ammaraggio nelle acque di Grado, con un idrovolante pilotato da Luigi Bologna sul quale ha compiuto un volo di ricognizione, d’Annunzio resta ferito battendo la tempia destra e il sopracciglio contro la mitragliatrice di prua. L’occhio destro è compromesso, mentre sul sinistro grava la minaccia che lo costringe, bendato, a una lunga immobilità. Nascono così le pagine del Notturno, il "comentario delle tenebre" composto, a causa della cecità forzata, su liste di carta strette tra le dita per mantenere la dirittura. Benché irrimediabilmente monocolo d’Annunzio non rinuncerà a combattere: "i cavalli dell’azione e della poesia" dice, ancora convalescente, "ricominciano a galoppare nelle mie vene". Decorato della prima medaglia d’argento, riprende a volare nel settembre 1916.



EIA EIA EIA. ALALA’!



Prima di volare su Pola la notte dell’8 agosto 1917, D’Annunzio sostituisce il grido d’incitazione Ip Ip Ip. Urrah! con il calssicheggiante Eia Eia Eia. Alalà!, attestato in Pindaro come in Eschilo: "Comandai: – Silenzio. – Non qui, ma laggiù, su Pola romana, consacreremo il grido della nuova forza d’Italia. Quando tutte le bombe siano state mandate a segno ciascun equipaggio – prima di virare per la rotta del ritorno – si leverà in piedi, compreso il pilota di destra, e lancerà il grido attraverso i fuochi di sbarramento. Chi si trovò una volta sopra Pola di notte, sa qual fosse l’inferno delle batterie e dei proiettili. Il comando fu eseguito con una divina fierezza. L’Alalà! fu inaugurato al vertice della più bella virtù giovanile. – Summa petit. Sulla rotta del ritorno ci pareva che tutte le stelle fossero da noi conquistate per l’Italia".



TI CON NU, NU CON TI



"La squadra aerea di San Marco che ho l’onore di comandare ha preso per divisa l’immagine dell’Evangelista… Io ho aggiunto alla figura un breve motto in quel dialetto veneziano di cui risuona tutta la ‘quarta riva’ del mare dogale, che i naviganti di Monte Gargano e quelli di Otranto chiamano ancora il golfo di Venezia nei loro racconti: "ti con nu, nu con ti". Tu con noi, noi con te! E’ il vecchio grido e il vecchio giuramento che ripetevano i cittadini di Perasto. Tu con noi, noi con te! È il grido fedele". (Gabriele d’Annunzio, 1918)



D’ANNUNZIO E LA NASCENTE AVIAZIONE



Nel 1923 l’Aviazione farà parte dell’esercito italiano come arma autonoma. Ma fin dal 1917 d’Annunzio l’aveva caldeggiata rivolgendosi al generale Luigi Cadorna: "La nostra aviazione ha ormai sorpassato il suo periodo di inquietudini, di esitazioni, di errori, di sperperi, di patimenti, di sacrifizii, non colpevole né deplorevole perché necessario. Anche questa volta, come sempre, i credenti hanno il loro premio in terra. Per la loro fede, ogni eroe caduto parve aggiungere un tendine all’ala rinata dal rottame fumante. Ora io dico – secondo lo spirito e secondo la materia – che quest’ala è la più robusta del mondo. Il nostro primato nella costruzione dei grandi apparecchi è oggi inoppugnabile. Nessuno degli Stati alleati o avversi è riuscito a costruirne e a usarne di così potenti e ingenti. Se un improvviso stratega dell’aria riuscisse a muovere le squadriglie e i gruppi verso la massima efficacia dell’azione noi confermeremmo non soltanto il nostro predominio sul nemico ma la nostra superiorità su ogni altra ala di guerra".

 

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