Un monumento incompiuto
una taglia, posta dal governo austriaco, ed egli lo sa bene: perciò cerca di schernire il nemico con un gesto clamoroso in cui 'l'eroismo e la beffa si confondono assieme '. D'Annunzio, ottimo 'public relation' di se stesso, sa fare in modo che le sue imprese di guerra e la sua fama di eroe 'di terra del mare e dell'aria' siano sulla bocca di tutti. Dopo poche ore, grazie ad una fitta rete informativa, composta principalmente dalle sue numerose amanti, il poeta irredentista fa conoscere all'Italia la "Beffa di Buccari " e ciò che ha vergato sul cartello di sfida, tre forti bottiglie di vetro spesso panciute con un cartello dentro avvolto in rotolo scritto di pugno da D'Annunzio (che parla di se in terza persona) con indelebile inchiostro. "Siam trenta con la sorte e trentuno con la morte. Eia, l'ultima, alalà. Cos' invia l'ironica ambasciata agli austriaci. Al comando della Flottiglia Mas si trova Costanzo Ciano; D'Annunzio riesce attraverso l'impresa in terra dalmata ad accrescere quella gloria che cercava in tutti i modi, anche a rischio della propria vita. L'alto ufficiale livornese non gli è certo da meno: di coraggio ne ha da vendere. La più importante viene compiuta a Cortellezza, e gli vale il titolo di Conte. Lasciato il servizio attivo il Conte diventa uno dei principali collaboratori di Mussolini nel promuovere il movimento fascista, partecipa anche alla battaglia su Roma. Il duce lo vuole al proprio fianco nel governo; nel 1922 ricopre l'incarico di Sottosegretario alla Marina mercantile. Ottiene la nomina a Presidente della Camera dei Deputati prima, e della Camera dei Fasci e delle Corporazioni poi. Muore improvvisamente a 63 anni nel 1939 durante una " cacciuccata " (bagordi) insieme al popolo livornese. Di Costanzo Ciano sappiamo soprattutto che era padre Galeazzo, genero di Mussolini e Ministro degli Affari Esteri dal 1936 al 1942. Eppure Ciano padre è una figura di primissimo piano fra i gerarchi fascisti, tanto che il regime decide nel '41 di dedicargli un mausoleo a Monteburrone. Un'opera grandiosa. La statua, alta 13 metri, avrebbe dovuto sormontare il mausoleo, accanto ad un altissimo fascio littorio. Il granito prescelto è quello maddalenino; lo scultore incaricato di scolpire la statua, il maestro Arturo Dazzi, ha un debole per questo tipo di pietra: "E' compatta, di grande effetto statuario", sostiene. Gli scalpellini della cava di Villamarina, di proprietà della famiglia Serra, si mettono subito all'opera sotto la supervisione del grande artista del regime. Una prima "tranche" dei lavori viene condotta a termine; il busto, ad esempio, è una figura imponente dallo sguardo fiero, il capo ricoperto dalla berretta cerata, il copricapo tipico dei marinai, e altri pezzi fondamentali dell'intera struttura. Ma la stella del Duce è sul punto di spegnersi. La sconfitta militare, le divergenze fra alcuni dei suoi più fidati collaboratori, il malcontento popolare. Mussolini cade sotto i colpi inferti dai suoi oppositori interni (Vittorio Emanuele III compreso) il 25 luglio del 1943. Fra i promotori dell'ordine del giorno vi è Galeazzo Ciano, figlio di Costanzo. Il suo parere non sempre ha coinciso con quello del suocero, anche se fino a quel momento gli atteggiamenti non erano mai andati al di là di qualche variazione tattica sulla strategia politico-militare Mussoliniana. Il 26 luglio gli scalpellini di Villamarina sospendono i lavori: la statua dell'eroe di Buccari viene abbandonata ina cava. Resterà solo il busto collocato per terra, circondato da pezzi rovesciati del corpo. La statua dopo, 50 anni, è ancora là, a vegliare sulle numerose navi che transitano nell'Arcipelago. Ha perso l'epicità di un monumento al regime per diventare semplicemente un monumento al marinaio.
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