Gabriele d'Annunzio.             D'ANNUNZIO  FOTO

 

TRIESTE

 

Durante gli anni romani del suo apprendistato (1881-1890) D’Annunzio intreccia strette relazioni con numerosi irredentisti. Risale al 12 marzo 1882 una poesia scherzosa, dove si menziona Salomone Morpurgo, l’erudito triestino che sarà poi direttore dell’Archivio Storico per Trieste. Anche Leone Fortis, esule da Trieste, giornalista di punta nella Capitale, entra nel novero delle frequentazioni del giovane d’Annunzio, che non mancherà di menzionare più volte il magistero del latinista Onorato Occioni, veneziano di nascita ma "tergestino" d’elezione, avendo vissuto dieci anni a Trieste come preside del primo liceo italiano della città e poi esule a Roma, professore e rettore della Sapienza. E proprio nell’Ateneo romano d’Annunzio avrebbe incontrato Guglielmo Oberdan, come narra diffusamente. Siamo nel giugno 1882, durante le manifestazioni studentesche per la morte di Garibaldi: "Proprio allora, avendo disertato l’odiosissimo servizio austriaco, si rifugiava in Sapienza a Roma il giovane fatale ch’era promesso all’esemplar martirio e alla feconda morte, per amor di Trieste fedele, per amor di quel mare amarissimo che appunto io celebrava in ogni strofe del mio Canto novo: Guglielmo Oberdan. In prossimità della Pentecoste, la dimane della morte di un Eroe, nel vestibolo della Sapienza, avevo preso nelle mie le sue mani febbrili…" Riferimenti diretti a Trieste si incontrano negli scritti giornalistici dedicati nel 1887 ai problemi della nostra Marina militare (L’Armata d’Italia) e più avanti nelle Odi navali (1882), specie nella poesia che commemora l’Ammiraglio Simone Pacoret di Saint-Bon, Trieste al suo Ammiraglio: Tu, lungi, nel tuo lido sola, che ne l’angoscia/ guardi per mezzo al grigio vapore ove s’affloscia/ in cima d’ogni antenna la bandiera odiosa;/ tu che guardi, velata la faccia dolorosa,/ in silenzio, ed il pianto in fondo al cuor ti scroscia!… Nel febbraio 1902 d’Annunzio invia al "Piccolo della Sera" l’ode A Vittore Hugo la cui clausola è rivolta a Trieste: "Italia! Italia!"/ Una voce d’iroso dolore/ dall’adriatico mare…ripete oggi il grido…Calpesta dal barbaro atroce,/ o Madre che dormi, ti chiama/ una figlia che gronda di sangue. L’ode, poi confluita in Elettra, il secondo libro delle Laudi, viene pubblicata il 26 febbraio sul giornale triestino subito però sequestrato dalle autorità asburgiche. Nel maggio 1902 d’Annunzio è a Trieste con Eleonora Duse. Al Teatro Verdi si rappresentano la Gioconda, la Città morta e Francesca da Rimini. Il giorno 11, all’Hotel de la Ville, dove la celebre coppia è scesa, si svolge un grande banchetto in loro onore, promosso, fra gli altri, da Attilio Hortis, Riccardo Pitteri e Giulio Caprin. Il discorso pronunciato da d’Annunzio nell’occasione (il cui autografo viene donato la sera stessa a Francesco Salata) viene pubblicato dal "Piccolo", ma con l’omissione delle punte irredentiste. Ai giorni 15 e 16 maggio risale l’escursione in Istria, a bordo del piroscafo "Arsa", da Pirano a Parenzo. Esiste un’immagine fotografica del piroscafo a Parenzo con la folla che sul molo acclama d’Annunzio. Il triestino Silvio Benco stila per l’ "Indipendente" un’estesa cronaca dell’evento: fervente dannunziano, dedicherà all’opera del vate interventi e recensioni su vari periodici di Trieste. Nel gennaio 1903 d’Annunzio incontra a Milano Antonio Smareglia, musicista triestino di cui va in scena alla Scala (20 gennaio), per la direzione di Toscanini, l’opera Oceana, su libretto di Benco. Negli ultimi mesi del 1903 d’Annunzio conclude Alcyone, il terzo libro delle Laudi, con i Sogni di terre lontane, fra i quali la Loggia è dedicato al soggiorno triestino del 1902: Settembre, il tuo minor fratello Aprile/ fioriva le vestigia di San Marco/ a Caposistria, quando navigammo/ il patrio mare cui Trieste addenta/ co’ forti moli per tenace amore… Nel numero del 31 luglio 1904 del "Regno" compare una lettera aperta di d’Annunzio a Enrico Corradini in risposta ai quesiti posti dalla Direzione della rivista sui rapporti tra Italia e Austria e sul futuro della politica adriatica italiana. All’inchiesta fanno pervenire le loro risposte, fra gli altri, anche Benco e il letterato giuliano Antonio Cippico, in rapporti con Bahr e Hofmannsthal e più tardi traduttore di Nietzsche. Nell’ottobre 1907 d’Annunzio raggiunge Fiume passando per Trieste: il viaggio, di cui è ampia menzione nelle lettere all’amante Giuseppina Mancini, è finalizzato alla rappresentazione della Nave, tragedia "adriatica", nelle zone irredente. Il 25 aprile 1908, subito dopo il trionfo romano, la Nave va in scena a Venezia. A un banchetto offerto a d’Annunzio il giorno dopo interviene in rappresentanza di Trieste Attilio Hortis. E al simposio offerto il 27 successivo dalla "Lega Navale" veneziana d’Annunzio pronuncia un fervido discorso irredentista alla presenza di Hortis e Pitteri. Alla fine del febbraio 1910 d’Annunzio è in procinto di recarsi a Trieste. Il 1° marzo dovrebbe tenere al politeama Rossetti la conferenza sul volo: Per il dominio dei cieli che però viene vietata dalle autorità austriache. In una lettera a d’Annunzio Benco descrive l’ "effervescenza d’entusiasmo del pubblico triestino": "Stamane, diffusasi nella città la voce che voi sareste arrivato, tosto tutti i giovani del nostro ginnasio, e molti cittadini, e alcune signore (taluna confessava di aver l’accappatoio mattutino sotto il mantello indossato in fretta) corsero alla stazione per vedervi e per acclamarvi". Invece di d’Annunzio approda a Trieste la brigata dei futuristi con Filippo Tommaso Marinetti che pronuncia un discorso al politeama Rossetti: "Trieste! Tu es notre seule poudrière!" (è pubblicato in Guerra sola igiene del mondo). Sempre nel 1910, d’Annunzio promette a Efisio Giglio Tos la prefazione a un libro, che non sarà pubblicato, sulla Lotta per l’Università italiana di Trieste. In occasione della guerra di Libia, nel gennaio 1912 d’Annunzio pubblica la Canzone dei Dardanelli con violente invettive antiaustriache (il poeta dice di torcere così "i due colli all’Aquila bicipite"). La censura del governo italiano impone il taglio dei vv. 63-81 che tuonano contro l’invasor che sconobbe ogni gentile / virtù, l’atroce lanzo che percosse / vecchi e donne col calcio del fucile e, in particolare, contro l’imperatore austriaco, l’angelicato impiccatore, l’Angelo della forca sempiterna, definito carnefice squarquoio. L’autore dichiara furibondo: "Questa canzone della Patria delusa fu mutilata da mano poliziesca, per ordine del Cavalier Giovanni Giolitti, capo del Governo d’Italia, il dì 24 gennaio 1912" e con inchiostro rosso, che mima il sangue, manoscriverà i versi censurati riuscendo a trasformare in affare lucroso il taglio poliziesco. Del resto, le Canzoni sono popolarissime, concepite dal poeta come nuove Odi navali fanno raggiungere al "Corriere della Sera", a cui sono destinate, tirature di un milione di copie. Arruolatosi come volontario, nei primi mesi di guerra d’Annunzio caldeggia le azioni aviatorie. Insieme con Giuseppe Miraglia vola su Trieste il 7 agosto 1915 e lascia cadere dall’alto innumerevoli volantini con il messaggio: "Coraggio, fratelli! Coraggio e costanza! Per liberarvi più presto combattiamo senza respiro"… Il 22 novembre del 1915 il "Corriere della Sera" pubblica i Tre salmi per i nostri morti in cui Trieste è evocata: Or chi i condurrà nella città fedele? Chi mi menerà insino al mio bel colle di San Giusto? Il 17 gennaio 1916, all’indomani dell’incidente che comporterà la perdita dell’occhio destro, d’Annunzio vola una seconda volta su Trieste su cui lancia nuovi volantini: "Trieste, ti portiamo nel tuo cielo il grande augurio d’Italia per l’anno di liberazione che sarà l’anno primo della tua vita nuova"… Alla fine del 1916 l’amante triestina Olga Levi Brünner dona a d’Annunzio una grande bandiera tricolore che verrà issata su San Giusto dopo la vittoria. Nel 1917 inizia una fitta corrispondenza con l’artista triestino Guido Marussig: sarà l’autore delle decorazioni dei velivoli della "Serenissima", la squadriglia al comando di d’Annunzio. Più avanti, negli anni del Vittoriale, Marussig sarà chiamato a decorare la sontuosa residenza dannunziana, concepita come un grande sacrario della guerra vittoriosa. I fuorusciti adriatici offrono a d’Annunzio un velivolo da bombardamento Caproni. La consegna avviene a San Niccolò del Lido, l’aeroporto presso Venezia che ospita la squadriglia dannunziana, il 15 settembre 1918. Esiste documentazione fotografica della cerimonia. Nella "Gazzetta di Venezia" del 7 novembre 1918 viene pubblicato il testo del messaggio a Trieste che d’Annunzio ha scritto dopo la vittoria per il terzo volo sulla città. Cominciano a farsi strada i dubbi sulla "vittoria mutilata": "Trieste, chi ti parlò nell’ansia e nel tumulto non può più parlarti nella felicità troppo subitanea, mentre più degli altri urlano e schiamazzano quelli che ti avevano rinunziata e rinnegata./ Oggi il suo amore è silenzioso./ E’ venuto a guardarti anche una volta dall’alto; e non s’attenta di scendere in te, tanto egli teme il tuo amore"… Il 20 dicembre 1918 rende omaggio a Oberdan recandosi a Ronchi. In questa occasione incontra Leopoldo Brünner, padre dell’amante, e gli dedica una copia del Martyre de Saint Sébastien con dedica (è conservata presso la Biblioteca civica di Trieste). In queti giorni, come ricorda Benco, d’Annunzio rifiuta di unirsi alle manifestazioni pubbliche che a Trieste salutano la vittoria e la liberazione perché gli appaiono "un basso carnevale". In una lettera a Nella Doria Cambon, poetessa triestina, d’Annunzio scrive in occasione del Natale: "Vengo spesso a Trieste in segreto, quando la città si accende. Sono un amante notturno. La respiro, libero e solo; e non mi sazio". Il 10 aprile 1919, sul sagrato del duomo di San Giusto, d’Annunzio è insignito dal Duca d’Aosta della medaglia d’oro al valor militare. Pronuncia un discorso ai Triestini. Nell’agosto 1919 il triestino Silvio Benco apprende del progetto dannunziano di un raid su Tokio: "Ho letto che voi vi appassionate di un ardito volo da Roma a Tokio. Queste vigorose imprese giovano molto, giovano molto più che non si creda, al nome del popolo italiano nel mondo. Sono poesia compresa dalle immense moltitudini per le quali il senso della vita, ancora libero, non è cifrato dalla lettera. Io vi auguro di riuscire, poiché vi credo infaticabile". E’ di d’Annunzio l’ideazione, nell’agosto 1919, della nuova bandiera del Lloyd Triestino con il motto Liberantem Testor e il disegno di Guido Marussig. Durante i mesi dell’occupazione di Fiume (12 settembre 1919-Natale 1920) d’Annunzio si reca più volte a Trieste. Nel giugno 1922, ormai di stanza a Gardone, d’Annunzio crea il motto della Società Ginnastica Triestina (un tempo diretta anche da Italo Svevo) – Stricto Gladio Tenacius – S G T: "Per saluto e per augurio e per elogio, o Compagni…o Atleti e Asceti, mando questo motto inspirato dalle tre iniziali della vostra denominazione".



D’ANNUNZIO E MARUSSIG


Al fronte, nel 1916, d’Annunzio incontra il pittore triestino Guido Marussig. Dall’intesa fra il poeta-soldato e l’artista, testimoniata da una fitta corrispondenza, nascono le decorazioni dei velivoli della Squadriglia "San Marco" che dominerà il cielo di Vienna. Nel 1918 Marussig è lo scenografo della Nave, la tragedia dannunziana che si rappresenta alla Scala di Milano con la musica di Italo Montemezzi. "Primo edìle" durante l’occupazione di Fiume (1919-1920), realizza il gonfalone della "città di vita". Negli anni del Vittoriale (1921-1938), quando d’Annunzio intende allestire sulle rive del lago di Garda il suo grande Sacrario della guerra vittoriosa, Marussig è chiamato a decorare la cittadella monumentale. Giardini, vetrate, arredi, stemmi, vessilli, affreschi e altorilievi hanno nell’artista triestino un interprete d’eccezione.



 

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