La 'Mascherada dei Ci usi e
dei Gobj'
La "Mascherada dei Ciusi e dei Gobj" ha anch'essa
tradizioni secolari e prende spunto da un episodio storico
realmente accaduto nel VI secolo. In quel tempo Re
Teodorico decise di far fortificare alcune città del suo
regno e una di queste - secondo una leggenda di origine
erudita - fu Trento. Per accelerare i lavori di
costruzione delle mura, vennero chiamati lavoratori anche
da fuori, soprattutto da Feltr.e. Sopravvenne una grande
carestia e i feltrini che rimasero a Trento erano numerosi
e affamati. Di conseguenza tentarono di impossessarsi
delle vettovaglie che erano custodite in magazzini per
far fronte alle esigenze dei cittadini. Ne nacque una
furibonda battaglia ed i trentini riuscirono a difendere
le loro provviste, scacciando definitivamente i feltrini
dalla città. Della " mascherada " parlò per primo il
Mariani in uno scritto del 1673, chiamandola " Gobbada " o
"Gobbeide", ma le origini risalgono agli inizi del
1200, quando appunto fu edificata l'ultima delle cinte
murarie della città. Emblematicamente si affidò alla
polenta, cibo base dei nostri avi, la rappresentazione
delle vettovaglie da difendere e ne nacque uno spettacolo
dove i Ciusi ( i feltrini vestiti di giallo e rosso ) sono
impegnati nella conquista del paiolo, difeso dai Gobj ( i
trentini, con vesti grige bordate di nero ) aiutati in
questo compito dalle " Strozzere ", le loro consorti. Lo
spettacolo si svolgeva durante le feste di Carnevale e in
occasione della festa del Patrono San Vigilio. In epoca
moderna, la prima edizione della "Mascherada" venne
realizzata nel 1984 e nel 1989 nacque la
"Confraternita dei Ciusi e dei Gobj".
I fuochi d'artificio
La tradizione dei fuochi d'artificio, di cui si trova
documentazione già nel XVI secolo, era profondamente
radicata nella popolazione trentina e continua a
rappresentare un momento di forte richiamo nel contesto
delle Feste Vigiliane. All'allestimento dei fuochi
venivano deputati due consoli del Comune di'Trento, i
quali provvedevano a trovare i maestri artificieri ed
assistevano alle prove generali. Per l'occasione veniva
costruita una " macchina per fuochi " che si avvaleva di
una ricca scenografia, che cambiava di anno in anno. Già
alla fine del Seicento, queste macchine offrono uno
spettacolo pirotecnico davvero imponente, supportato, come
si legge in una cronaca del tempo, da 40 paia di razzi,
1450 girandole, 100 razzi da sparare in alto e 12 grandi
ruote. Ai fuochi si dava moltissima importanza, perché era
credenza comune che questi fossero molto graditi a San
Vigilio. Infatti, quando si pensò di allestire analogo
spettacolo per festeggiare il Re di Roma - si era nel1811
- non se ne poté far nulla, perché la pioggia
impedì l'esplosione dei fuochi. E la vox populi sentenziò:
" San Vigilio vuole i fuochi solo in onor suo ". Lo
spettacolo pirotecnico nei primi tempi si teneva in Piazza
del Duomo e quindi, dal 1855, venne spostato in Piazza
d'Armi, l'attuale Piazza Venezia; più recente, invece, la
collocazione lungo le rive dell'Adige, anche per motivi di
sicurezza.
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